Imparare a conoscerlo per tenerlo sotto controllo
("Guida al BENESSERE" realizzata da Editoriale Giornalidea in collaborazione con Chefaro Pharma Italia Editoriale Giornalidea s.r.l. Via Sebenico, 14 - 20124 Milano)
Nei libri di storia le tappe dell'umanità sono spesso segnate con la parola "rivoluzione". Si parla così di rivoluzione industriale e più recentemente di rivoluzione informatica. Per gli ultimi cento anni si potrebbe però a buon diritto parlare anche di rivoluzione sanitaria. In Italia, la durata della vita media degli uomini è passata dai 42,6 anni del 1900 ai 76,7 anni del 2001, mentre quella delle donne è passata da 43 a 83 anni. E anche lo stato di salute in generale è molto migliorato. Tuttavia, nello stesso arco di tempo molte altre cose sono cambiate, nel lavoro, nei rapporti sociali, negli stili di vita. Proprio questi cambiamenti, per lo più positivi, possono però nascondere nuove, inedite sfide alla nostra salute. Passate in secondo piano le malattie infettive, che hanno rappresentato il vero spauracchio delle generazioni che ci hanno preceduto, oggi dobbiamo confrontarci innanzitutto con i problemi posti dallo stress, dall'alimentazione eccessiva o disordinata, dalla mancanza di una regolare attività fisica. Questi sono, infatti, alcuni dei fattori che influiscono sullo sviluppo delle malattie cardiocircolatorie, che da sole rappresentano oggi quasi la metà delle cause di morte.
Quanti di noi si fanno una camminata quotidiana di almeno mezz'ora, non fosse che per recarsi al lavoro? Ben pochi. L'auto, la metropolitana o qualche altro mezzo pubblico sono lì a pochi passi, simbolo dei cambiamenti che nel giro di pochissime generazioni hanno completamente modificato i nostri stili di vita. Nel corso di tutta la sua storia, la vita dell'uomo è stata segnata da due fattori che, almeno nella nostra società, sono quasi scomparsi: la fatica fisica e la scarsità di cibo. I lavori che richiedono un intenso e prolungato sforzo fisico sono sempre meno, e così le persone che vi sono impegnate.
Tabella 1
Macchine d'ogni tipo alleviano i compiti più gravosi e negozi e supermercati sono stracolmi di ogni sorta di alimento. Questi cambiamenti, insieme ai paralleli progressi nel campo della medicina, hanno indubbiamente comportato un aumento del nostro tenore di vita e della sua lunghezza in misura impensabile soltanto un secolo fa. Ma, paradossalmente, proprio ciò che ha prodotto un miglioramento della qualità della vita contiene in sé anche il rischio di un suo peggioramento. Nel corso dell'evoluzione la natura ha, infatti, fatto sì che il nostro organismo sia adatto a fare molto con relativamente poco. Oggi, invece, alla fatica abbiamo sostituito lo stress e a pasti misurati, se non scarsi, pasti abbondanti e spuntini per ogni occasione.
E non si tratta affatto di rimpiangere i mitici "bei tempi antichi" – che a ben vedere molto spesso belli non lo erano affatto – quanto piuttosto di trovare un nuovo equilibrio adatto alle mutate condizioni in cui viviamo. Né di rinunciare ai piaceri della buona tavola o perfino, a volte, a qualche vero e proprio "peccato di gola". Il problema è quello di mantenere un bilancio armonico fra le nostre abitudini, le attività e l'alimentazione.
Tabella 2
Ovviamente, la maggior parte delle persone che conduce una vita sedentaria lo fa non tanto per pigrizia, ma perché vi è portata, soprattutto dal lavoro, terminato il quale aspira principalmente a rilassarsi. E la poltrona davanti alla televisione è una facile tentazione. In realtà, un buon relax, anzi migliore, lo si può ottenere svolgendo con una certa regolarità qualche attività sportiva, che può consistere anche in un bel giro in bicicletta. Purtroppo, come mostrano le rilevazioni del ministero della Salute, solo un terzo della popolazione italiana pratica uno sport o un'attività fisica regolare (si vedano le tabelle 1 e 2) e il dato, ancora più basso per le fasce di età superiore ai 35 anni, sembra sia pur lentamente continuare a diminuire. Per contro, nel quadro di una tendenza all'aumento dei consumi di alimenti proteici in generale (carne, pesce, latte), si nota un incremento delle fonti di grassi animali (salumi, formaggi) e una marcata diminuzione di frutta e verdura. A questo si affianca la diffusione massiccia di merendine, snack, gelati, popcorn e bevande gassate al cinema e, non ultimo, un maggior consumo di bevande alcoliche fuori pasto. Va ricordato, invece, che un bicchiere di birra, o ancor meglio di vino ai pasti, può avere anche un effetto protettivo (ovviamente, quando non sussistano altre controindicazioni di carattere medico). Uno studio internazionale (Seven Countries Study) condotto in sette Paesi, tra cui l'Italia, ha in particolare mostrato che dove tradizionalmente prevale il consumo di burro, strutto e carni rosse - come nei Paesi Bassi e in Finlandia - si hanno nella popolazione i massimi livelli di colesterolo.
FATTORI DI RISCHIO PER IL SISTEMA CARDIOVASCOLARE
Se si seguono passivamente stili di vita non corretti, le conseguenze negative presto o tardi si faranno sentire. A soffrirne sarà, infatti, la nostra salute e il nostro sistema cardiovascolare in primo luogo. Per comprendere l'importanza della questione basti dire che attualmente in Italia alle malattie cardiovascolari è attribuibile il 43 per cento della mortalità totale. Certo, all'insorgere di queste patologie concorrono fattori non modificabili, come l'età, il sesso, la familiarità, ossia l'avere ereditato dai genitori alcune varianti, meno efficienti, dei geni che devono difenderci da esse. Ma molti altri fattori dipendono o sono fortemente influenzati dai nostri comportamenti. Tra questi, i più importanti sono nove: colesterolo, fumo, ipertensione, diabete, obesità, stress, scarso consumo di frutta e verdura, eccessiva assunzione di alcol e sedentarietà. Un recente studio internazionale svoltosi, sotto gli auspici dell'Oms, in 52 Paesi è riuscito anche ad attribuire un "valore" a questi differenti fattori.
Da questo studio risulta, in particolare, che il colesterolo è quello di maggior rilievo (aumentando di 3,25 volte il rischio relativo), seguito dal fumo, dai fattori di stress psico-sociale e dal diabete. Una certa attenzione, tra questi fattori di rischio, va dedicata allo stress, che può essere legato a una molteplicità di circostanze, dalle condizioni di lavoro, a problemi finanziari o familiari, ma i cui effetti sono emersi dipendere anche dal clima culturale in cui la persona vive e in particolare dalla sua "filosofia di vita", ossia dalla capacità di non farsi travolgere dall'ansia e di non lasciar invadere - come in una reazione a catena - tutti gli spazi della propria vita da quei problemi. Un valore decisamente protettivo ha, invece, il consumo regolare di frutta e verdura e così pure l'attività fisica regolare. Ebbene, secondo i dati del ministero della Salute, in Italia ben il 20 per cento degli uomini e il 24 per cento delle donne sono ipercolesterolemici, ossia hanno livelli di colesterolo nel sangue superiori alla norma. La situazione è aggravata dal fatto che sono diffuse, e appaiono in aumento, alcune patologie come il diabete e l'obesità, legate in parte anch'esse agli stili di vita, che aggravano il quadro di chi soffre di una iperecolesterolemia.
L'obesità è una malattia complessa legata a fattori genetici, ambientali e individuali, nella quale il bilancio energetico dell'organismo è alterato, con un accumulo eccessivo di tessuto adiposo. Questo, presente in tutte le persone, ha la funzione di immagazzinare sotto forma di grassi, e in particolare di trigliceridi, l'energia che ricaviamo dall'alimentazione e di cui non abbiamo immediato bisogno. Quando serve, il tessuto adiposo provvede a rendere nuovamente disponibile questa energia. Tuttavia, se il meccanismo di rilascio dell'energia non funziona adeguatamente o, come più spesso avviene, il consumo metabolico è costantemente inferiore all'apporto di calorie fornito dall'alimentazione, si ha un progressivo aumento delle riserve di grassi, che porta prima a uno stato di sovrappeso, poi all'obesità.
Tabella 3
Per valutare se si è obesi o meno è utile calcolare il proprio "Indice di massa corporea", che si ottiene dividendo il peso (in kg) per l'altezza (in metri) al quadrato, e confrontare poi il risultato con i valori del riquadro.
Tabella 4
Il diabete è una patologia cronica degenerativa legata alla difficoltà dell'organismo a mantenere sotto controllo il livello degli zuccheri nel sangue, ossia la glicemia, a causa di un'insufficiente produzione di insulina. La glicemia è il risultato di un equilibrio tra la quantità di carboidrati assunta con l'alimentazione, la quantità di zuccheri metabolizzata nel fegato e nelle cellule, il consumo di zuccheri richiesto dall'attività fisica e la quantità di insulina rilasciata dal pancreas. Il diabete di tipo I, a insorgenza giovanile, ha origine autoimmune e richiede la somministrazione di insuline; tuttavia rappresenta solo il 5 per cento dei casi di diabete complessivi. Molto più diffuso è il diabete di tipo II, la cui insorgenza è anch'essa influenzata in parte da fattori genetici, ma la cui evoluzione, ivi compresa l'età in cui inizia a manifestarsi, è molto legata agli stili di vita: in particolare, questo tipo di diabete è spesso associato a sovrappeso, obesità e ipercolesterolemia. Se il diabete non è tenuto sotto controllo, col tempo può portare a insufficienza cardio-respiratoria, a lesioni vascolari e a neuropatie, specie agli arti inferiori, a insufficienza renale, cecità e impotenza. Poiché spesso all'inizio non dà sintomi evidenti, l'unico modo per rilevarne precocemente l'insorgenza è sottoporsi periodicamente a un semplice prelievo del sangue per il controllo della glicemia. Purtroppo, ciò non viene spesso fatto e il 10-12 per cento dei pazienti presenta già iniziali danni microvascolari al momento della diagnosi. Secondo le stime più recenti, in Italia soffre di diabete l'8 per cento degli uomini e il 6 per cento delle donne.
Il colesterolo è un grasso (o lipide) importantissimo per la vita. È, infatti, un componente strutturale della membrana di tutte le cellule e degli organelli che si trovano all'interno di esse. Ma non solo: è un componente essenziale della guaina mielinica che avvolge le cellule nervose, dove funge da isolante e permette all'impulso nervoso di trasmettersi senza disperdersi. E ancora: serve all'organismo per produrre gli ormoni sessuali e quelli steroidei, entra a far parte degli acidi biliari necessari alla digestione dei grassi, ed è il precursore della vitamina D, indispensabile per regolare il metabolismo del calcio e mantenere in buono stato ossa e denti. Il colesterolo, dunque, è essenziale alla vita, tanto che il nostro organismo è in grado di sintetizzarlo anche quando esso viene a mancare completamente nella dieta.
Tabella 5
Che provenga dagli alimenti o che sia sintetizzato dal fegato, per svolgere le sue funzioni il colesterolo deve arrivare ai diversi tessuti dell'organismo. Essendo però un grasso, il colesterolo non si miscela bene con il plasma sanguigno, che è un liquido acquoso; per questo le molecole di colesterolo vengono rivestite da apposite proteine, dando origine alle lipoproteine, che sono agevolmente trasportate dal sangue e sono in grado di infiltrarsi in tutti i tessuti. Le lipoproteine possono essere suddivise in quattro classi (si veda il box precedente). Due di esse (chilomicroni e VLDL) trasportano principalmente i grassi assimilati, principalmente trigliceridi, ai muscoli, al tessuto adiposo e al fegato per fornire energia. Il livello dei trigliceridi va tenuto sotto controllo, essendo il loro eccesso dannoso per il sistema cardiocircolatorio, ma sono le altre due classi a rivestire un significato particolarmente importante: le lipoproteine a bassa densità, o LDL (Low Density Lipoprotein), che trasportano circa il 70 per cento del colesterolo presente nel siero, e le lipoproteine ad alta densità, o HDL (High Density Lipoprotein). Esse svolgono due compiti opposti: mentre le lipoproteine LDL portano ai tessuti il colesterolo di cui hanno bisogno, le HDL prelevano dalle cellule il colesterolo che hanno eventualmente ricevuto in eccesso per riportarlo al fegato che provvede a eliminarlo attraverso gli acidi biliari. Per questo la frazione HDL è talora chiamato "colesterolo buono", mentre quella LDL è considerata colesterolo "cattivo". In realtà, come vedremo, il problema è quello di mantenere un equilibrio fra le due forme di colesterolo.
Se l'apporto di colesterolo è eccessivo e non riesce a essere smaltito in maniera efficace, si formano accumuli di grasso all'interno dei vasi arteriosi, soprattutto dove questi hanno subìto microtraumi. Se questi accumuli persistono, accorrono sul posto i macrofagi, che fungono da cellule "spazzine", per fagocitare le lipoproteine in sovrappiù. Essi sono in grado di inglobare notevoli quantità di lipoproteine, fino ad assumere un aspetto "spugnoso", ma nel frattempo secernono sostanze che stimolano la crescita di tessuto fibroso tutto intorno, un meccanismo normalmente utile per riparare eventuali danni alle pareti dei vasi. In questo modo, però, si crea un ammasso formato da cellule vasali, lipoproteine, macrofagi e tessuto fibroso, che prende in nome di placca aterosclerotica. Questa placca restringe il lume del vaso interessato, e se le condizioni di ipercolesterolemia non vengono corrette, può arrivare perfino a ostruirlo.
Tabella 6
La formazione di placche aterosclerotiche, che rappresenta già di per sé una situazione patologica, può però passare a lungo inosservata. Se le arterie colpite sono, per esempio, quelle degli arti inferiori, può presentarsi quella che i medici chiamano claudicatio intermittens, una dolorabilità ai polpacci che sotto uno sforzo anche moderato costringe chi ne è colpito a fermarsi o a zoppicare. Prima che si manifestino sintomi così chiari, legati all'insufficiente apporto di ossigeno ai tessuti, l'ostruzione può essere ormai già del 70%. Ma anche un'ostruzione meno imponente è pericolosa, sia perché ostacolando il normale flusso sanguigno facilita la formazione di punti di ristagno e la conseguente formazione di trombi, sia perché un'improvvisa vasocostrizione può portare a una repentina ostruzione completa di arterie come le coronarie o le carotidi, con esiti quali l'infarto del miocardio o ictus cerebrali, sia, infine, perché la placca, crescendo ai danni del tessuto elastico del vaso, può dare origine a un aneurisma a rischio di rottura.
Per evitare questi pericoli, è dunque opportuno verificare periodicamente il livello del colesterolo nel sangue. Per le persone con meno di 40 anni, senza patologie apparenti né familiari che soffrano o abbiano sofferto di problemi legati al colesterolo, il controllo andrebbe eseguito ogni due anni; altrimenti, va ripetuto annualmente, sempre che il medico curante non ritenga opportuna una frequenza maggiore. Ma quali sono i livelli ottimali di colesterolo nel sangue? Il colesterolo totale (colesterolemia), vale a dire il colesterolo presente sotto qualsiasi forma nel sangue, deve essere inferiore a 200 mg/ml, mentre la frazione LDL non deve superare i 160 mg/ml, limite quest'ultimo che si abbassa a 130 mg/ml per le persone che presentino qualche fattore di rischio (quali fumo, ipertensione, storia familiare di patologie cardiache) e addirittura a 100 mg/ml quando sia già presente, per esempio, una patologia cardiaca. Il colesterolo HDL, invece deve essere superiore a 40 mg/ml. Da quanto abbiamo detto in precedenza, appare però chiaro, che ben più dei valori assoluti di colesterolo, per evitare che si inneschino i meccanismi patologici a esso legati, è importante il rapporto tra le diverse frazioni. Particolarmente significativo è il rapporto fra il colesterolo totale e la frazione HDL, che rappresenta un significativo indice di rischio cardiovascolare. Questo rapporto deve essere inferiore a 5 nell'uomo e a 4,5 nella donna. Per fare un esempio, una persona che abbia un colesterolo totale pari a 230 mg/ml, dunque fuori norma, ma un colesterolo HDL pari a 85 mg/ml ha un indice di rischio uguale a 230/85 = 2,7 che è migliore di quello di un'altra persona con colesterolo totale pari a 200 mg/ml, cioè al limite della norma, ma colesterolo HDL pari a 40 mg/ml, il cui indice di rischio è 200/40 = 5. Per avere un quadro completo della situazione il medico può prescrivere anche il dosaggio dei trigliceridi e delle cosiddette apolipoproteine A e B, utili per stabilire eventualmente il tipo di ipercolesterolemia di cui si è affetti e personalizzare la terapia (Per i valori medi del colesterolo e per le diverse fasce di età è possibile fare riferimento alla tabella 5).
Di fronte a valori della colesterolemia alterati, la prima cosa da fare è guardare ai propri stili di vita per cercare di tenere sotto controllo la situazione nel modo più semplice possibile ed evitare più gravose conseguenze. A volte è infatti sufficiente seguire una dieta attenta per riportare i valori del colesterolo a un livello accettabile. Ovviamente i primi a dover essere eliminati sono i cibi ricchi di colesterolo e grassi saturi, ma spesso questo non basta, dato che, come abbiamo detto, il nostro organismo è in grado di sintetizzare in modo autonomo questa sostanza, per cui è necessario fare attenzione, per esempio, anche ai carboidrati, attenendosi in generale a una dieta ipocalorica, da attuarsi sotto controllo medico. Molto importante è anche svolgere un'adeguata attività fisica, non soltanto perché contribuisce a "bruciare" i grassi, ma anche perché, come hanno dimostrato recenti ricerche, essa tende a favorire un aumento del colesterolo "buono" HDL a scapito di quello "cattivo" LDL. Infine, ma certo non da ultimo, è importante eliminare o ridurre quanto possibile gli altri fattori di rischio, dal fumo al consumo eccessivo di bevande alcoliche fino alle cause di stress (che purtroppo spesso solo in parte dipendono da noi) e seguire con rigore le terapie per le patologie concomitanti (specie ipertensione, diabete, obesità). Quando tutte queste misure non si dimostrino sufficienti, il medico curante provvederà ad affiancare a esse anche una terapia farmacologica, da valutare caso per caso.
Come abbiamo già avuto modo di sottolineare nelle sezioni precedenti, il colesterolo viene in parte prodotto dal nostro organismo, in particolare dal fegato, e in parte viene introdotto con gli alimenti di derivazione animale, soprattutto carne, burro, uova eccetera. Le cause di una ipercolesterolemia possono essere sia una predisposizione ereditaria, sia una dieta troppo ricca di cibi ad alto contenuto di colesterolo. Secondo le linee guida internazionali, il colesterolo introdotto con il cibo non dovrebbe superare i 300 mg al giorno nel caso di soggetti in buona salute. Tale limite però deve scendere a 200 nei casi in cui si è accertato un eccessivo livello ematico di lipidi e in chi è affetto da patologie cardiache (si vedano le tabelle 6 e 7 per conoscere gli alimenti permessi e quelli sconsigliati e il loro contenuto di colesterolo). Un effetto benefico nei casi di ipercolesterolemia è dato anche dal consumo di fibre vegetali. Queste infatti sono in grado sia di ridurre i livelli ematici di colesterolo, sia di legarsi con i sali biliari che contengono colesterolo, il quale in tal modo viene più facilmente eliminato con le feci (per conoscere gli alimenti ricchi di fibra è possibile fare riferimento alla tabella 8).
Stabilita l'efficacia di una dieta bilanciata per abbassare i livelli di colesterolo, la sfida è di riuscire a integrarla nelle abitudini alimentari di ciascuno. La dieta infatti non deve essere vissuta come una costrizione e un sacrificio poiché in tal caso verrà presto abbandonata. Fondamentale è, pertanto, imparare a cucinare in modo fantasioso, mantenendo il piacere della tavola grazie ad alcuni accorgimenti di semplice attuazione. In primo luogo è importante il metodo di cottura: sono da evitare quelli, come la frittura o la rosolatura, che necessitano di oli o grassi, soprattutto quelli di origine animale (burro, strutto, lardo). Preferibili quindi la cottura al vapore, al forno, al microonde, allo spiedo, alla piastra e ai ferri e, ovviamente, la bollitura. Di grande aiuto sono le padelle e le piastre con il fondo antiaderente, che rendono del tutto superflua l'aggiunta di oli e grassi. Un secondo "trucco" consiste nell'imparare a insaporire le pietanze senza utilizzare il sale, per evitare di alzare la pressione, eliminando così un fattore di rischio concomitante per le patologie cardiovascolari. Spesso l'aggiunta di alcune spezie ed erbe aromatiche permette di farne tranquillamente a meno.
Tabella 7
1- Bollitura: questo metodo tradizionale di cottura è adatto alla dieta anti-colesterolo dal momento che non necessita dell'aggiunta di grassi. Occorrono tuttavia due cautele: tuffare carni e pesci solo quando l'acqua ha raggiunto il bollore (per non perdere il contenuto di vitamine e minerali) e insaporire adeguatamente l'acqua con odori (cipolla, sedano, prezzemolo, eccetera). In ogni caso bisogna evitare di cuocere troppo le vivande, che potrebbero perdere consistenza e valori nutritivi. 2- Cottura a vapore: un cuocivivande a vapore oppure un cestello in metallo o in bambù non dovrebbero mancare nella cucina di chi vuole seguire un regime alimentare dietetico. In questo tipo di cottura valgono le stesse considerazioni fatte per la bollitura, compresa l'aggiunta di aromi nell'acqua (tranne nel caso in cui si utilizzi un cuocivivande) che insaporiscono le pietanze.
Tabella 8
3- Al forno, alla griglia, alla piastra, in padella: spesso questi tipi di cottura evocano lauti pranzi di difficile digestione, dal momento che nella cottura tradizionale si è soliti cucinare carni grasse e salsicce o aggiungere salse di vario tipo. Con le dovute attenzioni, tuttavia, questi metodi sono indicati per le diete anti-colesterolo: è sufficiente seguire le indicazioni precedenti sulla scelta di cibi adatti e sui metodi per insaporire i piatti. Inoltre, i nuovi fondi antiaderenti con cui sono rivestite pentole e piastre consentono di cucinare senza aggiunta di grassi, sia carne e pesce, sia le verdure. 4- Forno a microonde: riscattato definitivamente dalla leggenda metropolitana che lo voleva in grado di provocare il cancro, il forno a microonde si è diffuso soprattutto per i brevi tempi di cottura che consente. Oltre a ciò può essere scelto come metodo di cottura dietetica molto adatto nei casi di ipercolesterolemia. Occorre solo prestare attenzione ai contenitori adatti e alle modalità di cottura: può capitare che, a causa della sua rapidità, i cibi di grosse dimensioni rimangano crudi all'interno.
Tabella 9
Tre pasti principali più due spuntini leggeri (uno a metà mattina, uno a metà pomeriggio): ecco da dove partire per impostare una dieta in grado di contrastare efficacemente l'ipercolesterolemia. A colazione si può prendere una tazza di latte scremato o parzialmente scremato, caffè e yogurt magro. Il pranzo sarà costituito da un primo piatto di pasta o riso, seguito da un secondo di carne (tre volte alla settimana) o pesce (quattro volte alla settimana) accompagnato da un contorno di verdura e pane. Il tutto potrà essere condito con due cucchiaini di olio extravergine di oliva. Il pranzo potrà poi concludersi con una porzione di frutta. Per la cena saranno adottati gli stessi criteri, salvo che per la composizione del primo piatto che potrà essere riso o pastina in brodo, e del secondo, per il quale occorrerà limitare la carne a una volta alla settimana e il pesce a tre volte alla settimana. In alternativa, è possibile consumare una porzione di formaggio o di bresaola. Utilizzando le tabelle qui riportate, è possibile poi variare a piacimento la composizione dei pasti, mentre le ricette permetteranno di accontentare quel gusto della tavola che non dovrebbe mai mancare. Un'avvertenza importante: quelli indicati sono da intendersi come consigli generali. Una dieta perfettamente calibrata sulle esigenze di ciascuno – soprattutto nei casi di patologie concomitanti come il diabete o l'obesità – può essere ottenuta solo con la consulenza di un medico e valutando attentamente le necessità energetiche in base all'attività fisica abitualmente svolta.
Tabella 10
Tabella 111
Ora che sappiamo tutto degli alimenti e del loro contenuto di colesterolo, mettiamoci ai fornelli. Bastano soltanto pochi minuti di impegno per ottenere piatti che soddisfino adeguatamente il palato.
DUE ARMI NATURALI: GLI OMEGA-3 E I POLICOSANOLI
Molti anni di esperienze cliniche e studi epidemiologici hanno quindi dimostrato come una corretta alimentazione sia fondamentale per combattere l'ipercolesterolemia. Un numero altrettanto vasto di studi ha dimostrato l'utilità di alcuni integratori alimentari, in particolare di quelli a base di due componenti naturali: gli omega-3 e i policosanoli.
Tabella 12
Tra i grassi polinsaturi sono di particolare importanza due classi di acidi grassi: gli omega-3 e gli omega-6. Nel mondo occidentale e soprattutto in Europa, la dieta porta all'assunzione di discrete quantità di omega-6, presenti negli oli vegetali, ma di scarse quantità di omega-3, contenuti soprattutto nei pesci e nei crostacei, nelle mandorle e nelle noci, nonché in alcuni alimenti poco "frequentati" alle nostre latitudini come il tofu (formaggio di soia), l'olio di semi di lino, l'olio di colza e l'olio di nocciole e di noci. Secondo la letteratura, il rapporto omega-6/omega-3 ottimale è approssimativamente pari a 4:1. Per raggiungere o avvicinarsi a questo valore, la stragrande maggioranza della popolazione dovrebbe aumentare l'assunzione di omega-3, sia con la dieta, sia con gli integratori alimentari.
Dal punto di vista chimico, i policosanoli sono una miscela di alcoli primari a catena lunga che sono stati isolati nella cera della pianta di Saccharum officinarium, meglio nota come canna da zucchero. A partire da studi pionieristici svolti da medici cubani, numerose sperimentazioni cliniche hanno dimostrato come l'assunzione regolare di questo estratto insieme con una dieta ipocolesterolemizzante, possa aiutare ad abbassare efficacemente sia i livelli ematici di colesterolo totale, sia di colesterolo LDL (quello dannoso), nonché di alzare i livelli di colesterolo HDL (quello buono). L'efficacia e la buona tollerabilità dei policosanoli è documentata ormai da più di 60 studi clinici su più di 3000 pazienti, con dosi giornaliere a partire da 5 mg, nelle fasi iniziali del trattamento, che vengono via via aumentate fino a 10-20 mg (attualmente sono in corso trial clinici con dosi maggiori, fino a 80 mg al giorno). Diversi studi sono stati effettuati sull'efficacia della somministrazione di policosanoli sul breve e sul medio termine in diversi gruppi di soggetti. Su un gruppo di volontari con livelli di colesterolemia normali e senza restrizioni alimentari, l'assunzione quotidiana di 10-20 mg di policosanoli per 4 settimane ha abbassato i livello di colesterolo totale e quello di LDL di una percentuale pari a circa il 10 per cento. Altri test su periodi di 6-8 settimane hanno riguardato pazienti con ipercolesterolemia di tipo II trattata con somministrazioni giornaliere di 5-10 mg. In tal caso è stata registrata una diminuzione del 13-16 per cento dei livelli di colesterolo totale e del 18-22 per cento di LDL. Successivi test hanno riscontrato diminuzioni del 30 per cento nei livelli di LDL per somministrazioni di 20 mg al giorno, il che fa ritenere che gli effetti dei policosanoli siano fortemente dipendenti dalla dose.
Il meccanismo di azione dei policosanoli sull'organismo non è ancora stato pienamente compreso. Si ritiene da più parti che queste sostanze possano agire inibendo la sintesi del colesterolo, incrementando l'assorbimento epatico di LDL e aumentando il tasso di degradazione dell'LDL presente nel sangue; in ultima analisi, intervenendo proprio sul colesterolo dannoso. Recenti studi, infatti, dimostrano (si veda la tabella 12) che l'assunzione regolare di policosanoli consente una riduzione sia del livello di colesterolo totale (da -17 a -21%), sia di quello del colesterolo LDL (dal -21 al -29%), mentre aumentano dall'8% al 15% i valori del colesterolo HDL, quello cioè protettivo. Alcuni autori hanno ipotizzato anche la presenza di altri meccanismi d'azione, come l'inibizione dell'assorbimento intestinale del colesterolo o degli acidi biliari, un'influenza sulla produzione o secrezione delle lipoporoteine o un incremento delle escrezioni fecali, ma a riguardo non ci sono ancora indicazioni precise che provengano da ricerche mirate.
Tabella 13
L'effetto sarebbe comunque diverso sia da quello di altri principi che inducono un abbassamento lipidico sia da quello delle statine, le molecole su cui è basata attualmente la maggior parte dei farmaci per il trattamento dell'ipercolesterolemia.
Attualmente per poter controllare i propri livelli di colesterolo non è necessario recarsi in un laboratorio di analisi per un prelievo: molte farmacie effettuano il dosaggio del colesterolo in pochi minuti, con modica spesa e senza la necessità di digiuno prima del test. È sufficiente pungersi la punta del dito con un'apposita "lancetta" e far uscire una goccia di sangue che va depositata in una provetta. Al sangue viene poi addizionato un opportuno enzima che permette a uno strumento di determinare il livello di colesterolo totale grazie a una misurazione colorimetrica. Un'apparecchiatura simile può anche essere acquistata per averla sempre disponibile in casa, come avviene con le prove della glicemia per i diabetici. Questo tipo di soluzione, tuttavia, ha avuto scarsa diffusione fino a questo momento, a causa degli alti costi del materiale necessario per i test e perché nel caso dell'ipercolesterolemia è superfluo effettuare un dosaggio molto frequente (ogni 30-40 giorni è già sufficiente).
Una valida alternativa è rappresentata dai kit istantanei a base di strisce reattive. Quando queste vengono intrise con una goccia di sangue cambiano colore, segnalando il livello di colesterolo totale, ma solo in modo approssimativo. Pertanto, nel caso in cui vengano misurati valori di colesterolemia elevati è consigliabile rivolgersi al proprio medico di famiglia. In ogni caso bisogna evitare di trarre dai risultati conclusioni riguardo al proprio stato di salute: le misurazioni sono soggette a una certa variabilità, che può arrivare al 10 per cento. Il test della colesterolemia non è comunque affidabile se fatto mentre si prendono alcuni farmaci. Per qualsiasi chiarimento sull'autotest del colesterolo ci si può comunque rivolgere al proprio farmacista, che saprà anche suggerire i prodotti sia farmacologici sia dietetici più indicati per affrontare e, possibilmente, risolvere il problema colesterolo.
CARTA DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE A 10 ANNI (Fonte: Il Progetto Cuore - Istituto Superiore di Sanità)
A U T O T E S T
Se hai risposto TRE o più Sì non conduci uno stile di vita propriamente sano, hai un regime alimentare scorretto e il consiglio è quello di tenere uno, o meglio tutti e due gli occhi aperti sul livello del tuo colesterolo. Dovresti cercare di migliorare lo stile di vita, fare un po' di attività sportiva, curare l'alimentazione con una dieta equilibrata, ridurre il consumo di alcol, astenerti dal fumo, assumere un integratore.
Si ringraziano per l'autorizzazione alla pubblicazione: Editoriale Giornalidea e Chefaro Pharma Italia |
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