LE LESIONI DELLA CARTILAGINE E IL LORO TRATTAMENTO
Sergio Lupo
Le patologie della
cartilagine articolare in ambito sportivo, ancora difficili da trattare, sono
spesso causa di abbandono dell'attività sportiva stessa. Negli ultimi anni sono
state messe a punto nuove tecniche chirurgiche di intervento, che utilizzano
l'impianto di cellule cartilaginee (condrociti) "autologhi", cioè coltivati in
laboratorio dopo averli prelevati dal paziente stesso. Tale tecnica è stata
descritta per la prima volta sul New England Journal of Medicine da alcuni
medici svedesi, fra i quali L. Peterson e M. Brittberg ed ha suscitato grande
curiosità e interesse in ambito ortopedico.

Le cellule dei tessuti mesenchimali sono
importanti per la capacità rigenerativa dei tessuti. La cartilagine articolare
però
ha capacità di riparazione molto bassa e si pensava che ciò fosse legato alla
mancanza nell'adulto di cellule progenitrici condrogeniche. Ma i dati riportati
nell'articolo di Tallheden T, Dennis JE, Lennon DP et al.: Phenotypic
plasticity of human articular chondrocytes (pubblicato sul J. Bone Joint
Surg. Am. 2003; 85-A Suppl. 2:93-100) indicano che condrociti isolati e coltivati
in vitro possono produrre, secondo il substrato utilizzato, tessuto
cartilagineo, adiposo o osseo e, se reimpiantati in vivo in un contesto
osteocondrogenico, formare solo cartilagine.
Un testo utile per la comprensione del
differenziamento e dell'organizzazione cellulare nel tessuto cartilagineo è
ISTOLOGIA di P. Rosati e R. Colombo (Edi-Ermes
Editori).
Per altre informazioni si può anche visitare
il sito internet dell'International Cartilage Repair Society (IRCS) è
visitabile alla pagina
http://www.cartilage.org.
COSA è IL TESSUTO CARTILAGINEO?
I
tessuti cartilaginei sono connettivi nei quali la sostanza intercellulare è
notevolmente densa, compatta e consistente, tanto da imprigionare al suo interno
le cellule, i fibrociti detti condrociti. Questi, entro le
nicchie che li imprigionano, possono andare incontro una o due volte a mitosi,
per cui spesso di osservano piccoli gruppi di due, tre o quattro cellule, tutte
figlie della stessa madre, detti gruppi isògeni. Il componente più
rappresentativo della cartilagine è il condroitinsolfato, le cui molecole sono
stabilmente legate da numerosi ponti zolfo. Le cartilagini non sono
vascolarizzate, per cui le cellule possono effettuare i loro scambi metabolici
solo per diffusione attraverso la sostanza extracellulare. A seconda della
quantità di fibre collagene ed elastiche presenti, si distinguono tre tipi di
tessuto cartilagineo:
-
CARTILAGINE IALINA
-
CARTILAGINE FIBROSA
-
CARTILAGINE ELASTICA
|
Cartilagine
IALINA:
bianco – bluastra, è ricca di sostanza intercellulare in cui sono sparse fibre
collagene prive di un particolare orientamento e la matrice intercellulare si
presenta piuttosto omogenea, anche se diversamente colorabile, di particolare
consistenza per la ricchezza in condroitinsolfato e acido ialuronico che ne assicura la idratazione. Le lacune contengono gruppi isogeni
formati da piccoli gruppi di cellule o rotondeggianti. Come tutte le cartilagini
non contiene vasi sanguigni e i processi metabolici cellulari sono assicurati
dalla diffusione dei materiali nella matrice. Ogni formazione cartilaginea è
avvolta dal pericondrio, una lamina di tessuto connettivo fibrillare denso a
fasci intrecciati riccamente vascolarizzata, che durante il periodo di
accrescimento contiene giovani fibroblasti capaci di trasformarsi in
condroblasti e successivamente in condrociti. La cartilagine ialina riveste le
superfici articolari ossee delle diartrosi, costituisce le cartilagini costali e
lo scheletro della piramide nasale, della laringe, bronchi e trachea. Anche lo
scheletro del feto è costituito da cartilagine ialina, che verrà sostituita da
tessuto osseo durante i processi di ossificazione.
Cartilagine
FIBROSA:
biancastra, priva di pericondrio, ha la
matrice particolarmente ricca di fibre collagene orientate.
Può sopportare grandi sollecitazioni in trazione ed è più "rigida" rispetto alle
altre. Costituisce dischi
intervertebrali, menischi articolari, inserzioni tendinee e il tessuto
di unione delle ossa in tutte le sinfisi.
Cartilagine
ELASTICA,
giallo - opaca, elastica e flessibile,
presenta una matrice
ricchissima di fibre elastiche, che rendono le strutture cartilaginee pieghevoli
e atte a sopportare sollecitazioni angolari senza rotture. Non subisce
calcificazione se non in rarissime circostanze. Costituisce lo scheletro del
padiglione auricolare, della cartilagine epiglottide, della tuba di Eustachio.
Nello sviluppo post-natale gran parte dello scheletro è formato da cartilagine
che in seguito, con l'accrescimento, viene sostituita da tessuto osseo.
COMPONENTI DELLA CARTILAGINE
- CONDROCITI: le cellule della
cartilagine, ricevono i nutrienti dai vasi dell'osso subcondrale. Il condrocito
produce proteoglicani e acido ialuronico che, unendosi, formano la matrice
amorfa della cartilagine (base per la sopportazione del "carico"). Le fibre
collagene e i proteoglicani danno rigidità, elasticità e forma alla cartilagine.
- PROTEOGLICANI: grandi molecole situate nello spazio extracellulare dei tessuti,
ma più rappresentate nel tessuto connettivo cartilagineo. Hanno un asse proteico
con attorno catene glucidiche e prendono il nome di glucosaminoglicani (GA ).
LESIONI DELLA CARTILAGINE ARTICOLARE
Le
lesioni della cartilagine articolare, post-traumatiche o degenerative,
rappresentano una patologia estremamente comune, che interessa un gran numero di
persone, sportivi e non, e costituisce la fase iniziale della patologia
degenerativa artrosica.
Le lesioni cartilaginee possono essere distinte in:
-
lesioni condrali (coinvolgono esclusivamente la cartilagine articolare)
-
lesioni condrali miste (associate ad alterazioni dell'osso subcondrale,
sede di impianto della cartilagine articolare)
|
Le LESIONI CARTILAGINEE POST-TRAUMATICHE si verificano in seguito a traumi
diretti o indiretti; sono caratterizzate da "microfratture" delle trabecole
dell'osso subcondrale.
Le LESIONI DEGENERATIVE si manifestano solitamente come osteoartrosi. Tale
patologia interessa tutti i costituenti dell'articolazione: cartilagine
articolare, osso, membrana sinoviale e capsula articolare. Le prime alterazioni
strutturali consistono nella necrosi della cellule cartilaginee più superficiali
ed in seguito anche della matrice extracellulare. Tipica di questa fase è l'erosione
e la conseguente ulcerazione della cartilagine, con conseguente
"esposizione" dell'osso che appare più addensato (nei radiogrammi le superfici
articolari sono più bianche rispetto al resto dell'osso). Ciò causa la
formazione di osteofiti e cavità geodiche su entrambi i versanti articolari.
L'Osteoartrosi e l'invecchiamento della cartilagine si differenziano per il
diverso contenuto idrico: l'idratazione è il primo segno di una progressione
irreversibile verso la degenerazione cartilaginea. Altra differenza è nell'attività
enzimatica degradativa, che appare aumentata nell'artrosi, ma non
nell'invecchiamento della cartilagine.
Anche la sedentarietà e la limitazione del movimento porta a cambiamenti
degenerativi, simili a quelli dell'osteoartrosi. Il condrocito ha bisogno
infatti di continui stimoli meccanici per produrre proteoglicani, stimoli non solo
legati al movimento ma anche all'applicazione di carichi compressivi graduati.
Ecco perché, specialmente dopo lunghi periodi di inattività o dopo la rimozione
di un apparecchio gessato è indispensabile applicare un carico ottimale per
ottenere una idonea consolidazione ossea ed iniziare senza rischi la fase
seguente di riabilitazione.
Nelle lesioni degenerative, la cartilagine perde le caratteristiche biologiche:
diventa meno elastica e va incontro a progressiva degenerazione strutturale. La
prima manifestazione di sofferenza cartilaginea è un semplice "rammollimento"
della stessa, seguito da una iniziale interruzione della continuità del piano
cartilagineo e poi da irregolarità sempre più importanti della superficie
articolare, fino alla formazione di una vera e propria artrosi.
La degenerazione della cartilagine può essere determinata da fattori meccanici o
biologici. Tra
i primi :
-
alterazioni posturali e conseguente non corretto allineamento delle superfici
articolari
-
alterato asse di movimento
-
pregresse rotture o degenerazioni di strutture complementari (menischi,
legamenti ...)
-
pregresse
fratture coinvolgenti il piano articolare
|
Le lesioni possono localizzarsi in una sola sede (rotula, femore, piatto
tibiale etc.) e vengono definite monofocali, oppure possono essere plurifocali.
Le lesioni della cartilagine articolare determinano l'alterazione della
integrità anatomica e funzionale del tessuto, situazione estremamente negativa
in assoluto e soprattutto negli atleti. Questo giustifica la continua ricerca di
metodi tendenti a ripristinare una condizione funzionale o quantomeno a
ritardare la degenerazione cartilaginea.
METODI PIù UTILIZZATI PER LA
TERAPIA DELLE LESIONI CONDRALI
Le
tecniche più utilizzate sono:
-
pulizia cartilaginea per mezzo di un sistema motorizzato (shaver) effettuata in
artroscopia
-
altra tecnica, molto utilizzata in passato, è l'abrasione artroplastica
|
Queste metodiche, pur presentando buoni risultati, permettono solo di ottenere
la formazione di un neo tessuto fibro-cartilagineo con proprietà morfologiche e
strutturali molto diverse da quelle che identificano la cartilagine ialina della
superficie articolare: si ottiene in definitiva solo un rallentamento del processo artrosico.
Di miglior efficacia, anche se ancora in fase di studio, è una nuova metodica di
trapianto autologo di condrociti che attualmente rappresenta la migliore
soluzione, soprattutto per il trattamento dei gravi difetti cartilaginei negli
sportivi e negli adolescenti. Tale tecnica è stata descritta per la prima volta
sul New England Journal of Medicine da alcuni medici svedesi, fra i quali L.
Peterson e M. Brittberg ed ha suscitato grande curiosità e interesse in ambito
ortopedico.
Questa tecnica utilizza una soluzione "biologica" per rigenerare la cartilagine
ialina degenerata. Aspetto determinante per la buona riuscita di questa
metodica è la vitalità e la densità delle cellule condrocitarie autologhe
dedifferenziate che vengono trasferite nel difetto da riparare.
Tecniche di intervento
In
origine la tecnica prevedeva che l'impianto autologo di condrociti fosse
mantenuto in sede da un lembo periostale prelevato dallo stesso paziente;
attualmente sono state aggiunte varianti che permettono una migliore
distribuzione delle cellulare impiantate nel difetto condrale.
La
procedura chirurgica prevede due tempi operatori: il primo si esegue in
artroscopia, durante la quale si valuta l'entità del danno condrale decidendo se
effettuare il trattamento con trapianto condrocitario; se si decide per tale
trattamento, si procede prelevando un frammento di cartilagine sana da coltivare
in vitro in laboratorio. Tale frammento viene trattato e conservato in freezer
sino alla codifica e alla coltura delle cellule; dopo circa 3-4 settimane la
coltura è pronta per il trapianto, che verrà effettuato entro 48 ore dal
ricevimento del tessuto cartilagineo da impiantare.
Terminata questa fase si deve passare il prima possibile alla fase
riabilitativa.
Trattamento riabilitativo
Il soggetto deve essere sottoposto
ad un programma di terapie fisiche e riabilitative il cui scopo è la
mobilizzazione e il rinforzo muscolare.
La ginnastica posturale, l'allenamento senza carico o con carico limitato,
l'eventuale uso di ortesi plantari dinamiche possono essere utili a diminuire e
modificare lo stress articolare, diminuendo l'usura delle cartilagini.
Le terapie devono essere effettuate quotidianamente sia in palestra che, quando
possibile, in acqua.
Il lavoro attivo di rinforzo muscolare viene eseguito inizialmente solo con
esercizi contro-resistenza e con tecniche di "facilitazione neuromuscolare". Gradualmente si
aggiungono lavori con elastici, pesi e macchine di muscolazione. Il lavoro in
catena cinetica chiusa deve iniziare precocemente cercando però di limitare il
movimento negli ultimi gradi di estensione. Quando possibile si inizia la
ginnastica propriocettiva e, progressivamente, il lavoro aerobico.
è essenziale la stimolazione
passiva dei muscoli dell'arto interessato.
(Per saperne di più:
http://www.medicinariabilitativa.it/articolo.asp?ID=2
a cura di Giuseppe Caruso e Chiara Donati).
QUANDO TRATTARE LE CONDROPATIE CON CONDROCITI AUTOLOGHI
Rispettare le indicazioni previste per questo tipo di trattamento rappresenta
il punto chiave per una buona riuscita di questa tecnica. Il ricorso a tali
metodiche viene stabilito tenendo conto della situazione clinica del paziente e
di rigorosi requisiti di inclusione e di esclusione.
In
letteratura sono presenti numerose classificazioni (Outerbridge, Bauer, Noyes,
ICRS eccetera) che però non sempre riescono a definire correttamente il tipo
di lesione cartiaginea. Il ricorso alla risonanza magnetica (RM) spesso non
chiarisce il quesito.
La
Società Internazionale per la riparazione della cartilagine (International
Cartilagine Repair Society, ICRS), prevede criteri assoluti che sono riportati
in tabella 1.
Tabella 1
CRITERI DI IDONEITà
AL TRATTAMENTO DELLE LESIONI CARTILAGINEE
MEDIANTE IMPIANTO DI CONDROCITI AUTOLOGHI
-
Presenza di difetti condrali di maggiori
dimensioni (oltre 1,5 cm2) di grado IV e, in alcuni casi di grado III
in pazienti sintomatici; lesioni condrali analoghe in pazienti asintomatici in
corso di chirurgia ricostruttiva legamentosa, di trapianto meniscale o di
osteotomia di normocorrezione tibiale
-
Lesioni preferibilmente a carico dei condili
femorali
-
Età compresa fra i 16 e i 45‑50 anni
-
Eziologia traumatica e osteocondrite
dissecante (ocd)
-
Integrità dei menischi
-
Correzione chirurgica delle instabilità legamentose e delle deviazioni assiali
-
Pazienti sintomatici con precedenti fallimenti di
trattamenti chirurgici cartilaginei
-
Esclusione di pazienti in soprappeso
-
Esclusione di pazienti artrosici. Le
localizzazioni articolari plurime vanno valutate caso per caso: tre o più
localizzazioni nella stessa articolazione sono da considerarsi quadri artrosici
-
Esclusione di pazienti con malattie metaboliche,
sistemiche, infettive e reumatiche
|
La
sede più favorevole al trattamento è il ginocchio, in particolare i condili
femorali (piatti tibiali e rotula danno risultati meno validi).

VERIFICA DEI RISULTATI OTTENUTI
Non
sempre i criteri clinici, le RM postoperatorie, le verifiche artroscopiche
riescono a fornire dati di giudizio validi (tipo di tessuto riprodotto,
ripristino delle attività biologiche e delle capacità biomeccaniche …). Inoltre
gli elevati costi di tali metodiche invitano ad una ragionevole cautela nel
loro uso, trattandosi di tecniche collaudate, ma ancora sotto osservazione
scientifica.
Il
settore della biochirurgia dovrà perfezionare queste nuove tecniche,
verificarne i risultati nel tempo e fornire ai ricercatori
dati che possano consentire ulteriori
progressi in questo campo.
LE LESIONI CARTILAGINEE NELLO
SPORTIVO
Le
lesioni cartilaginee nello sportivo hanno una incidenza elevata. Gli sport a
maggior rischio sono quelli che comportano bruschi cambi di direzione, con
elevata frequenza di patologie distorsive a carico del ginocchio o
dell'articolazione tibio-tarsica. Le altre articolazioni, meno soggette a questo
tipo di trauma, molto più raramente vanno incontro a lesioni cartilaginee.
Gli
sport più a rischio per la cartilagine articolare sono: calcio, calcio a cinque,
rugby, basket, sci, tennis.
La
classificazione delle lesioni condrali può essere stilata in base a diversi
parametri; le cause costituiscono sempre un elemento importante da considerare.
Si possono distinguere infatti:
- danni cartilaginei da trauma singolo, di solito distorsivo
- danni cartilaginei da over-use, dovuti a microtraumi ripetuti nell'esecuzione
del gesto atletico.
Un'altra importante classificazione è quella basata sul grado di lesione. Per
molti anni è stata utilizzata la classificazione di Outerbridge (1962), che
distingueva:
- un grado 1 (condromalacia)
- un grado 2 (fibrillazione)
- un grado 3
(erosione senza interessamento osseo)
- un grado 4 (interessamento osteocondrale)
Attualmente si preferisce fare riferimento alla "stadiazione" del danno condrale
dell'ICRS. Tale classificazione prevede:
- un grado 0 (normale)
-
un grado 1 (quasi
normale: lesione superficiale)
-
un grado 2 (anormale: lesione estesa fino a <50%
dello spessore della cartilagine)
-
un grado 3 (molto anormale: difetto >50%)
- un
grado 4 (molto anormale: lesione osteocondrale)
Tale classificazione è molto utile per stabilire il trattamento, conservativo o
chirurgico. L'ICRS propone anche una classificazione in base all'estensione
della lesione e una in base alla sede; tali parametri vanno presi in
considerazione per decidere le tecniche chirurgiche da utilizzare.
Un
valido aiuto viene fornito delle moderne tecniche di imaging, che, comunque, non
danno attualmente sicurezza assoluta della diagnosi e del tipo di lesione.
Appare quindi chiaro che una lesione condrale, oltre che di difficile
trattamento, presenti grandi difficoltà anche nell'inquadramento diagnostico,
fondamentale per la programmazione dell'intervento. A nostro avviso,
quindi, la diagnosi precisa (tipo, estensione, sede) può essere formulata con
assoluta certezza solo in sala operatoria.
|
SINTOMATOLOGIA E DIAGNOSI
Le
lesioni cartilaginee possono essere totalmente asintomatiche (spesso si
osservano casi di grave degenerazione cartilaginea con sintomatologia dolorosa
assente o modestissima) o possono manifestarsi con dolore (anche con lesioni
molto piccole), versamento, sensazione di blocco o cedimento.
Non esistono test clinici che ci consentono di fare diagnosi di lesione
cartilaginea.
La RMN è poco sensisibile soprattutto per lesioni della sola cartilagine che non
coinvolgano l'osso.
Solo recentemente sono stati infatti elaborati nuovi protocolli di studio della
cartilagine mediante RMN che renderanno questo strumento diagnostico più
attendibile.
L'artroscopia in questi casi è fondamentale sia perché consente di evidenziare
lesioni cartilaginee anche molto modeste, sia perché consente di palpare la
cartilagine, saggiandone il grado di resistenza.
A questo proposito è stato ad esempio recentemente introdotto uno strumento
computerizzato in grado di valutare per via artroscopica la resistenza della
cartilagine dei diversi distretti del ginocchio.

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in 350 subjects with uninjured, injured, or anterior
cruciate ligament-reconstructed knees. Am J Sports Med 1999; 27: 402-26.
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ISTOLOGIA
Pasquale Rosati,
Roberto Colombo
Edi-Ermes
Editore

Dalla
consapevolezza che il mondo della ricerca scientifica è sempre più
caratterizzato dal ritmo impressionante con cui si modificano molti
concetti anche di recente acquisizione e che, nella scienza, "le verità di
oggi rappresentano gli errori di domani", nasce la decisione di
ripubblicare l'Istologia in un'edizione riveduta e aggiornata, seppur nel
rispetto del solido, tradizionale, schema organizzativo dell'opera.
Un approccio modernissimo alle funzioni golgiane e un nuovo modo di
trattare e descrivere l'apparato vacuolare (endosomi, vescicole
idrolasiche, lisosomi) rappresentano gli "assi portanti" di questa nuova
edizione del libro, arricchita peraltro, con una scelta editoriale di
grande rilievo dal punto di vista didattico, dalla sostituzione di gran
parte delle immagini istologiche. |

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