CARDIOFITNESS E MIGLIORAMENTO DELL'EFFICIENZA FISICA
Testo e disegni di Stelvio Beraldo

Generalità cardiofitness
Obiettivo del cardiofitness è essenzialmente
quello di innalzare i parametri di efficienza cardiocircolatoria e respiratoria,
ovvero la resistenza organica (capacità
dell'organismo di durare molto a lungo in un lavoro continuo. Il meccanismo
energetico prevalentemente utilizzato è quello aerobico). Ovviamente i benefici
si estendono anche all'apparato locomotore.
Un’attività fisica di cardiofitness ben programmata in
funzione dell’età e della condizione fisica, può migliorare in maniera
anche vistosa l'efficienza fisica generale e contenere “l’aggressione” del tempo
sull'organismo. Anche dal punto di vista psicologico si possono ottenere degli
ottimi risultati (Tabella).
Benefici indotti dall’attività di cardiofitness
protratta nel tempo
APPARATO
CARDIOCIRCOLATORIO E RESPIRATORIO
- Rafforzamento del
muscolo cardiaco.
- Facilitazione del
ritorno venoso al cuore.
- Aumento della riserva
cardiaca e coronarica e della gettata cardiaca (volume di sangue in un
minuto).
- Migliore irrorazione
sanguigna periferica (capillarizzazione).
- Maggiore elasticità dei
vasi sanguigni.
- Riduzione più rapida
della frequenza cardiaca e respiratoria dopo sforzo (recupero più rapido).
- Valori pressori tendenti
alla norma.
- Aumento della
ventilazione polmonare.
- Aumento della dinamica
costo-diaframmatica (meccanica del respiro) e dell’elasticità dei polmoni.
- Miglioramento degli
scambi gassosi a livello alveolare.
- Aumento della resistenza
aerobica.
SISTEMA
ENDOCRINO-METABOLICO
- Migliore
termoregolazione corporea e metabolismo energetico.
- Tendenza alla
normalizzazione degli indici ematochimici.
- Riduzione della massa
grassa.
- Corretta regolazione del
controllo diencefalico dell’appetito.
- Corretto assetto
glico-lipidico.
APPARATO
MUSCOLO-SCHELETRICO E NEURO-MOTORIO
- Maggiore trofismo e
forza muscolare dei muscoli impegnati.
- Maggiore elasticità e
potenza dei legamenti articolari.
- Migliore postura e
capacità di assumere atteggiamenti più corretti, per cui possono
attenuarsi o scomparire dolori derivanti da posture errate.
- Rallentamento
dell’invecchiamento delle ossa e delle cartilagini (metabolismo più
attivo). Questo consente anche il contenimento nella perdita di sostanza
ossea e di sali di calcio dello scheletro (osteoporosi).
- Aumento della destrezza
motoria e dell'efficienza del sistema nervoso in genere.
COMPORTAMENTO E
PERSONALITÀ
- Buon controllo emotivo.
- Aumento dell'autostima.
- Maggiore disponibilità
alla socializzazione. |
Per ottenere i benefici del cardiofitness si possono utilizzare DIVERSI MEZZI
come correre su terreno o su tapis roulant, nuotare, pedalare sulla bici in
strada o sulla cyclette, sciare, remare in acqua o su vogatore, salire e
scendere le scale o da uno step, ecc.
I mezzi utilizzati sono solo gli "strumenti" utili a raggiungere un unico
obiettivo che è quello di elevare i parametri di risposta organica (tra questi
l'innalzamento della frequenza cardiaca e respiratoria).
L'unico aspetto che li differenzia è il miglioramento della RESISTENZA LOCALE
che è la capacità di un ristretto settore muscolare di eseguire un lavoro per un
tempo lungo (miglioramento della capacità di utilizzo dei substrati energetici
locali). In sostanza si specializzano alla resistenza quei muscoli che vengono
impegnati in maniera prioritaria.
Se la cyclette agisce maggiormente sui muscoli delle cosce, il vogatore impegna
anche quelli delle braccia e del dorso. Lo step, la corsa e lo sci impegnano
soprattutto i muscoli delle cosce, gambe e piedi. Il nuoto, grazie alle varie
specialità, può coinvolgere praticamente tutti i maggiori muscoli del corpo.
Alcuni aspetti del lavoro aerobico
La metodologia (in questo caso il parametro di
riferimento è l'intensità di lavoro, ovvero il dosaggio dell'impegno organico e
muscolare riferito alle proprie massime possibilità espressive) deve essere
basata essenzialmente sull'utilizzo energetico del
SISTEMA AEROBICO dove le tensioni muscolari sviluppate sono molto basse
(sotto il 30% circa del massimale). Durante il lavoro muscolare il consumo e il
reintegro energetico rimane in equilibrio, permettendo una
durata che oltrepassa i 3 minuti per arrivare anche ad
alcune ore.
I substrati energetici sono forniti inizialmente dall'ossidazione dei glicidi
poi, dopo 30-40 minuti circa, anche dai grassi. Questi ultimi assumeranno sempre
più un ruolo prioritario man mano che si allungano i tempi di lavoro. Il
prodotto finale di questa reazione energetica è l'acqua, l'anidride carbonica e
l'energia che risintetizza l'ATP (fonte energetica del muscolo). L'acqua e
l'anidride carbonica vengono eliminate con la respirazione, i reni (urina) e la
sudorazione.
Per rimanere all'interno
del meccanismo aerobico è necessario non superare la cosiddetta SOGLIA
ANAEROBICA (intensità di lavoro limite dove si mantiene ancora un
equilibrio tra acido lattico prodotto e acido lattico smaltito, ovvero non
subentra ancora in maniera prevalente il meccanismo energetico anaerobico
lattacido, meccanismo che limiterà progressivamente la possibilità di
proseguire il lavoro).
Infatti, se si intensifica
il ritmo, ovvero si utilizzano tensioni muscolari mediamente elevate, al
meccanismo aerobico subentra il SISTEMA ANAEROBICO LATTACIDO, dove la
stanchezza e l'incapacità a proseguire a ritmi elevati sopraggiunge dopo
una decina di secondi per evidenziarsi sempre di più tra i 45-120 secondi
circa (esempio tipico sono le distanze nella corsa piana che vanno dai 400
ai 1000 metri circa dove i ritmi di corsa tendono progressivamente e
vistosamente ad abbassarsi).
Dopo lo sforzo la capacità
contrattile iniziale viene ripristinata in circa tre ore, tempo di
smaltimento dell'acido lattico (la metà ogni 15 minuti circa. Negli atleti
specialisti può scendere anche sotto gli 8 minuti).
La reazione energetica del
muscolo, che avviene in assenza di ossigeno (anaerobica) porta alla
formazione finale di acido piruvico e acido lattico. Quest'ultimo limita
fortemente la capacità di proseguire nel lavoro a elevata e media
intensità di contrazione.
Quando invece le tensioni
muscolari, ovvero l'intensità delle tensioni muscolari è massimale o
submassimale, viene utilizzato il SISTEMA ANAEROBICO ALATTACIDO. In questo
caso il lavoro muscolare intenso può essere protratto solo per circa 8-10
secondi e l'energia spesa viene ripristinata dopo circa 3 minuti di
riposo. |
Meccanismi energetici
nelle varie prove
di corsa piana
dell'atletica leggera
(*)
(secondo E. Arcelli)
Distanza
m |
Lavoro
aerobico |
Lavoro
anaerobico
lattacido |
Lavoro
anaerobico
alattacido |
100 |
0 |
0 |
100 |
200 |
5 |
10 |
85 |
400 |
15 |
30 |
55 |
800 |
35 |
30 |
35 |
1.500 |
55 |
30 |
15 |
3.000 |
73 |
25 |
2 |
5.000 |
85 |
15 |
0 |
10.000 |
95 |
5 |
0 |
42.000 |
100 |
0 |
0 |
(*)
La tabella si riferisce ad atleti qualificati. Offre, comunque, una
visione dell'intervento dei meccanismi energetici in relazione
all'intensità e distanza (tempo) del lavoro muscolare. |
|
Questo sistema
dipende dagli accumulatori di energia (creatinfosfato) e non necessita di
ossigeno.
Caratteristiche dei vari tipi di
resistenza organica e muscolare
Tipo di resistenza |
Caratteristiche |
Resistenza di lunga durata
I |
Va
da 10 ai 35 minuti circa. L'intensità del lavoro muscolare è media e
supera la soglia anaerobica. Di conseguenza l'acido lattico prodotto
condiziona l’intensità e la durata del lavoro. L'energia è fornita
essenzialmente dal glicogeno muscolare mentre il consumo dei grassi è
molto limitato. |
Resistenza di lunga durata
II (*) |
Va
da 35 a 90 minuti circa. L'intensità del lavoro muscolare è medio-bassa e
prossima alla soglia anaerobica. Viene utilizzata una miscela di grassi e
glicidi, con prevalenza di questi ultimi. |
Resistenza di lunga durata
III (*) |
Va
da 90 a 360 minuti circa. L'intensità del lavoro muscolare è bassa e
distante dalla soglia anaerobica e le caratteristiche psicologiche e
motivazionali assumono un ruolo importante nella prosecuzione
dell’attività. L'utilizzo dei grassi è prevalente. |
Resistenza di lunga durata
IV |
Supera i 360 minuti circa. L'intensità del lavoro muscolare è molto bassa
e le caratteristiche psicologiche e motivazionali assumono un ruolo
predominante. L’energia viene fornita quasi esclusivamente dai grassi. |
Resistenza di media durata |
Va
da 2 a 10 minuti circa. L'intensità del lavoro muscolare è mediamente
elevata. Coinvolge sia il meccanismo aerobico che anaerobico-lattacido. |
Resistenza di breve durata |
Va
da 45 a 120 secondi circa. L'intensità del lavoro muscolare è elevata e
richiede un adeguato supporto della resistenza alla forza e della
resistenza alla velocità. Predomina il meccanismo anaerobico-lattacido. |
(*)
Zone utili al cardiofitness.
I principali metodi per migliorare l'efficienza
aerobica
Quando si allena
la resistenza aerobica vanno presi in considerazione due aspetti:
- La CAPACITÀ
AEROBICA: possibilità di protrarre a lungo il lavoro grazie alla presenza
ottimale delle sostanze energetiche (glicogeno muscolare ed epatico). È
l'aspetto "quantitativo" della resistenza.
Il
miglioramento della capacità aerobica si effettua con lavoro prolungato e,
quindi, tale da comportare il giusto utilizzo della miscela energetica
glicogeno-grassi.
Nel fitness è
la metodologia più utilizzata, soprattutto da chi ricerca in questa attività un
prevalente miglioramento dell'efficienza cardiocircolatoria e respiratoria.
- La POTENZA
AEROBICA: fondamentale per innalzare l'intensità di lavoro pur rimanendo nel
sistema aerobico, è strettamente legata alla quantità di composti energetici
muscolari (Adenosintrifosfato o ATP) che il metabolismo aerobico del soggetto è
in grado di sintetizzare nell'unità di tempo. Un ruolo importante è assunto
anche dal massimo consumo di ossigeno, detto VO2max, che è la più grande
quantità di ossigeno che si riesce a consumare nell'unità di tempo riferendosi
ad 1 Kg. di peso corporeo, ovvero aumento dell'ossigeno nel sangue e maniera
ottimale in cui giunge ai muscoli e la massima intensità di lavoro realizzabile
al di sotto della soglia anaerobica (massima intensità di lavoro che può essere
effettuata senza ricorrere alla glicolisi anaerobica e, quindi, senza accumulo
di acido lattico nei muscoli). Il VO2max è predeterminato geneticamente ed è
scarsamente allenabile (può aumentare non oltre il 10-20%).
È l'aspetto
"qualitativo" della resistenza ed è tipica di chi pratica sport agonistico di
durata. Atleti specialisti di gare di resistenza utilizzano il 70-85% del
VO2max.
Il
miglioramento della potenza aerobica si effettua con lavoro in prove ripetute
ove le tensioni muscolari e la durata (quindi velocità esecutiva) portano molto
vicino alla soglia anaerobica (mai superiore per non accumulare lattato e
conseguente riduzione della attività dei mitocondri cellulari, centrali
"energetiche" dove avvengono le reazioni ossidative aerobiche).
Nel fitness
questa metodologia è riservata a individui allenati e in buone condizioni di
salute che ricercano anche un miglioramento specifico della prestazione.
I metodi di lavoro più utilizzati per
migliorare la resistenza organica
METODI (*) |
CARATTERISTICHE |
CONTINUI
(velocità costante) |
Si
svolgono senza interruzioni e a velocità costante:
- LAVORO LUNGO E LENTO:
fino a circa 2 ore, con frequenza cardiaca intorno a 120-150 e VO2max al
60-65% del massimo. Metodo ottimale per gli adattamenti idrotermici e
muscolari, per il metabolismo aerobico e per l'attivazione circolatoria
capillare.
- LAVORO MEDIO:
fino a 60 minuti con intensità che si alza fino a portare la frequenza
cardiaca intorno a 150-170 e VO2max al 75% circa del massimo. Utile per
elevare il consumo di ossigeno, la funzionalità enzimatica e mitocondriale.
- LAVORO BREVE E VELOCE:
fino a 30 minuti circa, con frequenza cardiaca intorno a 170-180 e VO2max
all’80-85% del massimo. Metodo utile se, unito al lavoro medio, per
rafforzare sia il meccanismo aerobico che quello anaerobico. I ritmi più
intensi del movimento trasformano e ottimizzano le coordinazioni nei
regimi più elevati. Inoltre, grazie alla maggiore intensità vengono a
interrelarsi in maniera ottimale le esigenze metaboliche, tecniche e
volitive. |
ALTERNATI
(variazioni di ritmo) |
Alla durata uniscono momenti di intensità tali da utilizzare il meccanismo
anaerobico-lattacido per poi tornare a ritmi più bassi. Questo migliora la
capacità di recupero del debito di ossigeno lattacido durante il lavoro
stesso. Gli stimoli di alternanza producono anche adattamenti ed
elevazione delle funzioni degli apparati cardiocircolatorio e
respiratorio.
La
Metodologia prevede un lavoro lungo a
ritmo moderato (circa 130-140 di frequenza cardiaca) al quale si alternano
momenti più brevi a ritmo più veloce (fino a 180 di frequenza cardiaca) e
così di seguito. Tra questi metodi tipico è il Fartlek (riferito
alla corsa a piedi) che si snoda in ambiente naturale vario, con pendii,
ostacoli ed altre situazioni che favoriscono l'alternanza delle richieste
energetiche. |
INTERVALLATI |
Lavoro in serie di ripetizioni ad intensità molto elevata su distanze o
tempi programmati. Il recupero tra le serie è incompleto e tale da
riportare la frequenza cardiaca a 120 circa, per poi iniziare subito una
nuova serie.
I
Parametri da tenere sempre in
considerazione sono:
-
distanze e/o intensità del lavoro;
-
numero delle ripetizioni e degli intervalli;
-
durata dell'intervallo di recupero tra le ripetizioni;
-
condizioni cardiache nelle fasi di recupero. |
(*)
- Nel CARDIOFITNESS sono
consigliati solo i Metodi Continui, più precisamente il Lavoro lungo e
lento e, in fase più avanzata, il Lavoro Medio e Alternato. Quest'ulti
ultimi solo se si desidera migliorare ulteriormente la propria efficienza
organica generale anche in maniera specifica. I Metodi Intervallati,
invece, hanno esclusivamente un obiettivo agonistico.
- La FREQUENZA CARDIACA
riportata in tabella è riferita ad atleta giovane allenato. |
I parametri per valutare la corretta applicazione dei
metodi aerobici
Il parametro di
riferimento più semplice da valutare per stabilire l'intensità di allenamento è
la frequenza cardiaca (FC, ovvero numero di
pulsazioni cardiache al minuto) che si deve mantenere per un certo periodo di
tempo.
Per stabilire
questa frequenza vengono utilizzati normalmente quattro metodi.
Il PRIMO METODO
utilizza una percentuale della frequenza cardiaca riferita a quella massima
del soggetto (MFC o HRmax). Si limita a mettere in relazione la massima
frequenza cardiaca con l'età in quanto dopo i 30 anni circa i parametri di
efficienza fisica in genere tendono ad abbassarsi di circa l'1% l'anno.
Ovviamente non considera la condizione di allenamento del soggetto e la
frequenza cardiaca a riposo che varia anche di molto da soggetto a soggetto.
Malgrado ciò, anche in
considerazione che si tratta di fitness e non di massimo risultato sportivo,
è il metodo più usato in quanto di semplice applicazione pratica e
praticamente non rischioso per la l'integrità fisica dei non allenati. |
Massima frequenza cardiaca
MFC = 220 - età in anni
Esempio:
- età 45 anni;
- massima frequenza cardiaca: 220 - 45 = 175;
- 60-70% di 175 = 105-123 (frequenza cardiaca consigliata).
Recentemente è stata proposta anche la formula di Hirofumi Tanaka:
MFC = 208 - (0,7 x età in anni) |
|
Tabella di calcolo rapido della massima frequenza
cardiaca e rispettive percentuali

Il
SECONDO METODO prende in
considerazione la frequenza cardiaca di riserva (FCR o HRR), ovvero la
differenza tra la massima frequenza cardiaca (MFC) e la frequenza cardiaca a
riposo (FC): FCR = MFC - FC. La MFC viene stabilita con lo stesso procedimento
esposto nel primo metodo (220 - età in anni).
Ai fini allenanti
viene proposta una percentuale riferita alla frequenza cardiaca di riserva
sommata alla frequenza cardiaca a riposo (% di FCR + FC).
Solitamente si
utilizza la formula di Karvonen:
- FC di riserva x
percentuale inferiore (della tabella) + FC a riposo = valore minimo. L'intensità
di allenamento minima corrisponde al 60% (0,60)
- FC di riserva x
percentuale superiore (della tabella) + FC a riposo = valore massimo.
L'intensità di allenamento massima corrisponde all'80% (0,80).
Il
TERZO METODO fa invece
riferimento al massimo consumo di ossigeno (VO2max), ovvero alla frequenza
cardiaca che accompagna ogni percentuale riferita al VO2max. Questo metodo
richiede la conoscenza della massima potenza aerobica che si ricava con
opportuni test come ad esempio il test di Cooper. Oltre a risultare abbastanza
complessa la elaborazione dei dati va considerato che siamo nel campo del
fitness e non dell'allenamento per atleti agonisti. Pertanto sottoporre persone
non allenate, di diversa età e sesso, a test massimali può comportare anche dei
rischi seri per la salute.
Come per la
massima frequenza cardiaca anche il VO2max tende a diminuire di circa l'1%
l'anno a partire dai 17-19 anni per le donne e dai 25 circa per gli uomini.
Il
QUARTO METODO prende in esame
la riserva di ossigeno (VO2R), ovvero la differenza tra il VO2max e il VO2 a
riposo. Il consumo di ossigeno a riposo mediamente è considerato 3,5
ml/kg/minuto.
Ad ogni
percentuale della massima frequenza cardiaca e del VO2max corrisponde un tipo di
stimolo specifico sulle capacità organiche e muscolari.
Relazione tra Massima Frequenza
Cardiaca, VO2max e intensità e durata del lavoro
% MFC
(*) |
% VO2max
(*) |
CAPACITÀ ORGANICHE E MUSCOLARI COINVOLTE |
60–70% |
40–58% |
Zona “aerobica”
a modesto impegno muscolare e organico dove il consumo e il reintegro
energetico rimane in equilibrio, permettendo di durare a lungo senza
affaticamento. Consente anche di consumare i grassi corporei (superati i
25-30 minuti di lavoro continuo la fonte energetica è costituita da una
miscela ad alto contenuto di grassi e modesto di zuccheri).
È indicata per i
principianti, le persone anziane
e per chi ha come obiettivo privilegiato il
dimagrimento (consumo di grasso sottocutaneo in eccesso). |
70–80% |
58–70% |
Zona “aerobica” a medio impegno
muscolare e organico che si comincia già ad evidenziare per la comparsa
del “fiatone”. Le fonti energetiche sono percentualmente ripartite tra
grassi e zuccheri. Migliora l’efficienza dell’apparato cardiocircolatorio
e respiratorio nel sostenere a lungo un lavoro.
È ottimale per gli
obiettivi del cardiofitness. |
80–90% |
70–83% |
Zona che oltrepassa la
“soglia anaerobica” (intensità di lavoro
limite dove ancora esiste equilibrio tra acido lattico prodotto e acido
lattico eliminato) determinando un accumulo di acido lattico nei muscoli.
Questo riduce la capacità di sostenere a lungo il lavoro. Risulta utile a
migliorare le capacità muscolari specifiche ad esprimere un ritmo veloce
per un tempo relativamente lungo (es.: scatti di media intensità e media
durata).
È riservata agli sportivi
agonisti che necessitano di stimoli specifici. |
Oltre 90% |
83–100% |
Zona “anaerobica” utile a migliorare le capacità muscolari specifiche agli scatti di
massima intensità e breve durata (alta tensione muscolare e produzione di
acido lattico da parte dei muscoli impegnati).
È riservata agli sportivi
agonisti che necessitano di stimoli altamente specifici. |
(*)
- % MFC = Percentuale della Massima Frequenza Cardiaca. Va tenuto presente
che la MFC è semplicemente una indicazione che può comunque variare a
seconda dello stato di salute, di allenamento e di età del soggetto. Per i
principianti e per le persone anziane non dovrebbero superare mai la
percentuale della MFC consigliata.
- % VO2max = Percentuale riferita al Massimo
Consumo di Ossigeno. |
Nel
CARDIOFITNESS vengono utilizzate essenzialmente
le due zone di lavoro del 60-70% e 70-80%. Potrebbe risultare interessante, a
maggior chiarimento di quanto esposto, una ulteriore tabella:
Sintesi degli obiettivi raggiungibili
con l'attività fisica
(Position Stand
dell'American College of Sports Medicine - 2000)
Obiettivi |
Frequenza
settimanale |
Intensità (*) |
Durata |
Modalità |
Fitness cardiorespiratorio
e composizione corporea |
3-5 giorni |
55/65-90% HRmax
40-50% VO2R o HRR |
20-60 minuti di attività aerobica continua o intermittente |
Ogni attività che coinvolge i maggiori gruppi muscolari, ritmica e
aerobica |
Resistenza organica |
2-4 giorni |
40-60% VO2max |
Almeno 30 minuti |
Aerobica continua e/o intermittente |
Controllo del peso
corporeo |
3 giorni |
---- |
Attività che porti ad un dispendio di almeno 250-300 kcal per seduta
(individuo di 75 kg) |
Aerobica continua e/o intermittente |
(*)
HRMax
= Massima Frequenza Cardiaca. L'intensità compresa tra l'85-90% della
HRmax va riferita ad atleti allenati (n.d.r.).
HRR
= Riserva di Frequenza Cardiaca = HR Max - FC a riposo.
VO2max
=
Massimo Consumo di Ossigeno.
VO2R
= Riserva di Ossigeno (VO2 Reserve), ovvero VO2max - VO2 a riposo. |
Alcuni esempi di attività sportive e
relative risposte fisiologiche
Rapporto tra VO2max relativo e lunghezza della distanza in alcune gare di
corsa piana
(da Svedenhag - Sjodin
1984) |
Valori medi di alcune risposte fisiologiche in sport di squadra
(Bisciotti G.N.: Perché
mai più di due?
- Il nuovo calcio 113:
54-66, 2001) |
 |
|
Lattato
(mmol/l-1) |
Distanza percorsa
durante la partita (m) |
FC
(p/m) |
Utilizzo VO2max (%) |
Calcio |
5.6 ± 2.3 |
10.800 ± 1937 |
175 ± 9 |
75 ± 3 |
Pallacanestro |
4.3 ± 1.3 |
1163 ± 453 |
172 ± 2 |
80 ± 2 |
Pallavolo |
2.40 ± 0.47 |
---- |
144 ± 11 |
55 ± 3.1 |
Rugby |
7.6 ± 2 |
6700 ± 4000 |
145 ± 11 |
52 ± 5.6 |
Pallamano |
6.8 ± 4.3 |
5500 ± 2000 |
177 ± 12 |
79 ± 2.7 |
|
Prima di
iniziare gli allenamenti
-
Effettuare una
accurata visita di idoneità fisica.
-
Munirsi di
abbigliamento e attrezzature adeguate.
-
Per l’attività
svolta all’aperto (corsa, bici, sci, ecc.), scegliere un percorso pianeggiante
o, comunque, poco impegnativo dal punto del vista della conformazione del
terreno.
-
Evitare, almeno
nelle prime settimane di allenamento, test di verifica della condizione fisica
che prevedono impegni submassimali e massimali. Comportano impegno organico a
cui non si è abituati (solitamente sono i test che prevedono la copertura di
una certa distanza in un tempo minimo o una intensità di lavoro massima) e
potrebbero risultare ad alto rischio per la salute.
-
Programmare
almeno 2-3 allenamenti settimanali. Scendendo sotto i 2 allenamenti non è
possibile ottenere dei benefici in quanto non si attiva il processo di
sommazione degli stimoli (allenamenti e relativa supercompensazione) che
portano nel tempo ad un più alto grado di efficienza.
-
Fare in modo che
tra l’inizio dell’attività e l’ultimo pasto siano trascorse almeno 2,5-3 ore.
La digestione richiede un notevole afflusso sanguigno, afflusso che verrebbe
sottratto dai muscoli agli organi digestivi.
-
Dedicare qualche
minuto al riscaldamento generale, eseguendo semplici esercizi non impegnativi
(flessioni, estensioni, slanci, circonduzioni dei vari segmenti del corpo).
-
Non iniziare se
si ha la sensazione di sete. Va ricordato che quando si ha sete il patrimonio
idrico è già al disotto di circa il 2% dei livelli normali. Già al 3% di
disidratazione si innescano dei meccanismi fisiologici contrari all’efficienza
fisica (limitazione della sudorazione, innalzamento della temperatura
corporea, aumento della frequenza cardiaca, riduzione della gittata cardiaca,
ecc.). Per quanto riguarda l’idratazione è sufficiente bere acqua normale, sia
prima, durante e dopo l’allenamento. Le integrazioni saline dopo allenamento
vanno prese in considerazione solo in presenza di vistose perdite idriche di
almeno 2,5-3 litri di sudore.
Gli allenamenti
-
Regolare
l'intensità, almeno nella fase iniziale del programma di allenamento, intorno
al 60% della propria massima frequenza cardiaca (all'occorrenza anche meno).
Tenere presente che una frequenza cardiaca intorno al all'80% di quella
massima comporta già un notevole impegno che si evidenzia con il “fiatone”.
Per avere sempre a disposizione questi dati ci si può munire di un
cardiofrequenzimetro, strumento
di indubbia utilità che va tenuto costantemente sotto controllo (alcuni
attrezzi di cardiofitness ne sono muniti). Non disponendo di un
cardiofrequenzimetro si può rilevare la frequenza cardiaca poggiando
leggermente i polpastrelli del dito medio e indice sull'arteria radiale, nella
regione antero-laterale del polso, sulla linea del pollice (non va fatto il
rilevamento col pollice in quanto, possedendo una pulsazione propria, può
determinare errori di valutazione). Un altro punto di rilevamento è l'arteria
carotide passante nel collo a lato della laringe. Nel rilevamento manuale va
considerato che la frequenza cardiaca raggiunta rimane costante per i primi
10-15 secondi circa dalla sospensione dell'attività per poi abbassarsi
progressivamente. Pertanto è bene effettuare il rilevamento subito, in un
tempo non superiore ai 10-15 secondi. L’intensità di lavoro che non va
comunque oltrepassata è quella che permette di dialogare con un partner senza
affanno ("Regola del parlare" di Bandolier).
-
Iniziare il
programma secondo i principi di progressività (quantità) per poi andare nel
tempo verso una maggiore gradualità (qualità) (Tabella).
Schema di allenamento per
principianti (fase di adattamento biologico)
(*)
Prima settimana:
alternare,
per un totale di 45-60 minuti, 5 minuti di attività blanda (es.: di passo
più o meno veloce) con 30-60 secondi di attività ad intensità costante tra
il 60-70% della frequenza cardiaca massima (es.: corsa leggera).
Nelle settimane che
seguono: ogni settimana, in
relazione alla condizione fisica che si ritiene di aver raggiunto, si
possono aggiungere progressivamente 30-60 secondi all’impegno tra il
60-70% della frequenza cardiaca massima, fino a raggiungere i 5 minuti,
mantenendo sempre l’alternanza con i 5 minuti di attività blanda.
Proseguendo nel tempo, ogni settimana si può diminuire di 30-60 secondi
l’attività blanda e di altrettanti 30-60 secondi si può aumentare
l’attività con impegno tra il 60-70% della frequenza cardiaca massima.
È
necessario, comunque, mantenersi sempre nei limiti delle proprie capacità
del momento.
Nel
tempo si cercherà di arrivare a 45-60 minuti di attività continuativa a
intensità costante.

Le indicazioni date non
vanno applicate rigidamente.
A volte una stessa metodologia può essere applicata anche per più
settimane di seguito senza dover necessariamente ritoccare il tempo
dedicato all’attività blanda o a quella più impegnativa.
Secondo il Prof. E. Arcelli, esperto di fama internazionale, nel rapido passaggio dal passo lento alla corsa e
viceversa, ovvero da una intensità di quasi riposo ad una
nettamente più elevata, l’apparato cardiocircolatorio viene sottoposto ad
uno shock vero e proprio, shock che si ripete tante volte per quante volte
si riprende o si interrompe la corsa. Va quindi evitato, in fase di
attività blanda un eccessivo abbassamento della frequenza cardiaca
rispetto a quella utilizzata durante le fasi di attività.
Sempre secondo il Prof. E. Arcelli, la prevenzione per le malattie all’apparato
cardiocircolatorio è direttamente proporzionale alla spesa
energetica legata all’attività fisica svolta. |
(*)
Lo schema è valido per tutti i mezzi che si utilizzano quali correre su
terreno o su tapis roulant, nuotare, pedalare sulla bici in strada o sulla
cyclette, sciare, remare in acqua o su vogatore, salire e scendere uno
step, ecc. |
Quando si sarà in
grado di effettuare in maniera continuativa circa un’ora di attività con impegno
tra il 60-70% della frequenza cardiaca massima, giunge il momento delle scelte,
ovvero del perché e come continuare nel tempo col nostro impegno.
Normalmente le
risposte sono due:
- PER LA SALUTE
E LA QUALITÀ DELLA VITA. Pertanto non occorre ricercare una tabella o una
metodologia sofisticate. Continuando sempre a correre con la stessa intensità
(tra il 70-80% della massima frequenza cardiaca) l’obiettivo è praticamente
raggiunto. È solo necessario mantenere il risultato acquisito. L’unico
intervento utile è l’aumento del tempo da dedicare settimanalmente all’attività
fisica, infatti a questa intensità si possono ottenere, oltre ai numerosi
benefici elencati precedentemente (vedi Tabella "Effetti dell'allenamento
aerobico sull'apparato cardiocircolatorio e respiratorio").
- PER SCOPI
AGONISTICI. La proposta di un serio ed efficace programma di allenamento può
essere attuata solo se seguiti sistematicamente sul "campo" da un allenatore
esperto. Questo perché si deve tener conto di moltissime variabili quali:
-
età e
condizione fisica generale di partenza
-
obiettivo che
si vuole raggiungere (competizione)
-
disponibilità
di tempo settimanale
-
disponibilità
di attrezzi (mezzi di allenamento) e attrezzature (spazi) idonei
-
caratteristiche
individuali legate all'espressione ottimale delle capacità motorie (surplus o
carenza di forza, velocità, rapidità, resistenza, coordinazione generale,
ecc.)
-
capacità di
eseguire correttamente la tecnica esecutiva della disciplina praticata
-
capacità di
applicare correttamente le varie metodologie di allenamento
-
capacità di
eseguire correttamente i vari esercizi di preparazione atletica
-
ecc.
Quindi si elabora
una programmazione annuale in relazione al numero di competizioni ritenute
importanti (solitamente 2-3). Ogni competizione si articola su un macrociclo che
solitamente ha una durata quadrimestrale o semestrale all'interno del quale sono
strutturati un periodo preparatorio (suddiviso in tappa fondamentale e tappa
speciale), periodo agonistico (o pre-gara o competitivo), periodo transitorio (o
di transizione), periodi composti da mesocicli all'interno dei quali troviamo i
microcicli per arrivare alle singole unità di allenamento.
Molti amatori
agonisti ricercano spasmodicamente tabelle di allenamento ritenute
particolarmente efficaci e trascurano il ruolo fondamentale della tecnica
esecutiva. Nelle discipline cicliche (corsa, ciclismo, nuoto, ecc. dove il gesto
è sempre uguale e viene ripetuto senza soluzione di continuità) basta un piccolo
errore tecnico, errore poi ripetuto ad ogni ciclo, per ottenere un risultato
deludente.
Stelvio
Beraldo
Maestro di Sport
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